Responsabilità del DL

Alcune importanti istituzioni nazionali soprattutto nella prima fase dell’emergenza hanno classificato il Coronavirus come condizione pandemica e quindi come problema di salute pubblica e, in quanto tale, come rischio esogeno non inquadrabile nel D.Lgs. 81/2008.


Conseguenza diretta di questa ipotesi è l’esonero del Datore di Lavoro dall’obbligo di elaborare il Documento di Valutazione dei Rischi o, comunque, di integrarlo o aggiornarlo per la parte specificamente riferibile alla valutazione del rischio biologico. In tale senso si è espresso, tra gli altri, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella Circolare del 13 marzo u.s., di cui si riportano di seguito le motivazioni a sostegno di questa ipotesi:


“Rispetto a tali obblighi si pongono orientamenti applicativi differenziati nei casi in cui l’agente biologico, che origina il rischio, non sia riconducibile all’attività del datore di lavoro ma si concretizzi in una situazione esterna che pur si può riverberare sui propri lavoratori all’interno dell’ambiente di lavoro per effetto delle dinamiche esterne non controllabili dal datore di lavoro. In tali casi il datore di lavoro non sarebbe tenuto ai suddetti obblighi in quanto trattasi di un rischio non riconducibile all’attività e cicli di lavorazione e, quindi, non rientranti nella concreta possibilità di valutarne con piena consapevolezza tutti gli aspetti gestionali del rischio, in termini di eliminazione alla fonte o riduzione dello stesso, mediante l’attuazione delle più opportune e ragionevoli misure di prevenzione tecniche organizzative e procedurali tecnicamente attuabili.


Lo scenario connesso all’infezione coronavirus vede coinvolti i datori di lavori di questa Amministrazione esclusivamente sotto l’aspetto delle esigenze di tutela della salute pubblica e pertanto, sembra potersi condividere la posizione assunta dalla Regione Veneto nel senso di ‘non ritenere giustificato l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione al rischio associato all’infezione’ […]”


Se è pur vero che l’infezione da Coronavirus è un rischio che interessa la popolazione in generale e non è un rischio specifico lavorativo, è anche vero che negli ambienti di lavoro esso può determinare differenti probabilità di contagio in funzione delle caratteristiche particolari della situazione di lavoro.


Noi riteniamo le seguenti argomentazioni utili a considerare questo rischio anche endogeno nei contesti lavorativi con il conseguente inquadramento nel campo di applicazione del D.Lgs. 81/2008:


  1. 1) La posizione assunta da INAIL e la trattazione del "contagio" come infortunio (rif. Circolare INAIL n. 13 del 3 aprile 2020 e circolare INAIL n. 22 del 20 maggio 2020),

  2. 2) D.Lgs 81/2008: la valutazione di tutti i rischi ai sensi dell'art. 28 (tutti i rischi) e la classificazione del rischio biologico al quale ci si deve rifare nella valutazione del rischio correlato alla pandemia da COVID-19,

  3. 3) La definizione dei Protocolli di sicurezza ( protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro condiviso tra Governo e Parti Sociali, di cui all’allegato 6 del D.P.C.M. del 26 aprile u.s., e i Protocollo di settore),

  4. 4) La norma del codice civile, contenuta nell’articolo 2087, secondo la quale “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”,

  5. 5) La colpa organizzativa del Datore di Lavoro che può portare anche ad una responsabilità dell’ente ai sensi del D. Lgs. 231/2001, con la possibilità di incorrere in gravi sanzioni.

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